Autoipnosi e terapia

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Autoipnosi e terapia

di Antonio Bufano (dal sito vertici.com)

 

PREMESSE

Esiste un’ampia offerta di libri con materiale e istruzioni per sviluppare stati mentali alternativi a stati ordinari e finalizzati all’autoguarigione, ma molti hanno nessuna base sperimentale e una dubbia fondatezza scientifica.
Per di più sembrano presupporre una idea della mente non ecologica e non integrativa e incoraggiano a instaurare un rapporto direttivo e coercitivo con una parte di sé. E’ stato ormai ampiamente dimostrato che la mente umana è naturalmente predisposta a entrare in stati di coscienza alterati.
Secondo alcuni Autori, viviamo continuamente in uno stato ipnotico, in un mondo di apparenze, di come se (Watzlawick 1988).
E’ stato anche osservato che il processo dell’apprendimento costituisce un fenomeno vitale per l’essere umano ed è significativamente stato-dipendente. Si può apprendere accidentalmente e casualmente e spesso il supporto di uno stato di coscienza autoindotto diventa determinante.
Nel caso in cui si intenda indursi una trance deliberatamente risulta problematico ottenere autonomamente una disorganizzazione o una discontinuità della consapevolezza ordinaria.

C’è però da considerare l’importanza della disponibilità mentale che ognuno si crea in riferimento all’accesso a esperienze non pienamente controllabili con la mente conscia.
Entrare in trance significa accettare l’idea di far coabitare dentro di sé una parte razionale e una parte non razionale.
E’ importante sottolineare che per chi usa professionalmente ed esplicitamente la trance diventa prioritario conoscere tutte le potenzialità dello strumento ipnotico. In genere non si è mai stata data adeguata importanza alla mente del terapeuta fino a includere nel repertorio di abilità proprie dell’Operatore di ipnosi una serie di impieghi autoipnotici.
La trance del terapeuta durante la seduta è stato per lo più stata trattata come un evento possibile e incidentale all’interno del lavoro terapeutico. Esiste una evidenza statistica che indica che molti terapeuti alla fine del percorso formativo in ipnosi abbandonano l’uso dell’ipnosi per prediligere altri strumenti a causa della difficoltà di gestire la propria trance (Wilbacher,1998).
Però la mente del terapeuta deve poter procedere in più direzioni e deve essere dotata e allenata creativamente per affrontare efficacemente tutte le fasi della terapia.
 
E’ utile interrogarsi non solo se la terapia per il terapeuta e il paziente si esaurisca completamente all’interno della seduta, ma sostanzialmente come la sperimentazione degli stati ipnotici vada ad arricchire la dinamica degli stati di coscienza del soggetto nella vita quotidiana.
E’ plausibile pensare che il processo ipnotico si estenda con una continuità e con modalità sorprendenti nella vita di tutti i giorni.
E’ ipotizzabile che possano essere esaltati stati sonnambulici in cui la dotazione di una alta concentrazione possa agevolare l’esecuzione di compiti come guidare un automobile.
La mente conscia del terapeuta nell’approccio al paziente può risentire di tutte le limitazioni proprie della sua natura, anche se ci permette di tenere un contatto determinante con la cosiddetta realtà condivisa.
 
Nel corso della stesura del presente lavoro ci siamo posti una serie di domande che sono emerse spontaneamente e in questa sede tenteremo di dare delle risposte che certamente non potranno soddisfare tutti gli interrogativi di partenza. E’ necessario avere una vita di veglia insoddisfacente per entrare in autoipnosi?
Quanti eventi con alterazione spontanea di stato di coscienza possono definirsi autoipnosi? Ad esempio i sogni a occhi aperti costituiscono una forma di autoipnosi?
 
Se è vero come sosteneva Erickson che tutti sono ipnotizzabili, l’autoipnosi è un’esperienza realmente accessibile a tutti?
Usare le suggestioni indirette in eteroipnosi come modo per evocare un complesso sistema di risposte interne rappresenta una via per generare impropriamente e indirettamente autoipnosi?
Il cervello umano segue modelli di funzionamento che producono automaticamente stati autoipnotici?
E’ possibile praticare autonomamente autoipnosi senza avere una idea definita di cambiamento?
Aver praticato autoipnosi per conto proprio ha un effetto facilitante rispetto all’avvio di una terapia ipnotica e viceversa aver avuto una esperienza eteroipnotica facilita l’autoipnosi successiva?
Quanta terapeuticità è racchiusa nella pratica autoipnotica?
L’autoipnosi può costituire una necessità laddove la seduta ipnotica non esaurisce gli obiettivi di questa?
 
In questo breve studio cercheremo di focalizzare tutta la ricchezza dello strumento autoipnotico in special modo nel contesto terapeutico tracciando, dove opportuno, le differenziazioni con l’eteroipnosi.
Escluderemo tutta una serie di contesti non terapeutici dove il fenomeno autoipnotico emerge per assolvere a varie funzioni.Ad esempio nei campi di concentramento e in guerra dove pure vengono prodotti stati di coscienza alterati per la sopravvivenza dell’individuo.
Inquadreremo sostanzialmente l’incontro tra un professionista e un paziente entro e fuori la cornice della seduta e basato su un modello terapeutico in cui è esplicitato il primato dell’ipnosi nel piano di trattamento.
Indagheremo la fenomenologia ipnotica sviluppabile parallelamente e non nella mente del paziente e nella mente del terapeuta e in particolare se e quali fenomeni ipnotici compaiono in autoipnosi e con quale grado di profondità. Tracceremo le linee teoriche che possono sostanziare meglio il discorso sull’autoipnosi.
Infine individueremo le tecniche e i campi di applicazione significativamente indicativi per noi.

 

Determinanti culturali della trance
 
Esiste una forma di trance abitualmente praticata a Bali in situazioni ritualistiche e con precisi significati religiosi.
Lo sciamano deve poter produrre per sé un forte stato ipnotico per poter operare in modo credibile in relazione a un contesto popolato da altri.
Nella Grecia antica la sacerdotessa del tempio di Apollo dettava oracoli dopo essere andata in trance masticando foglie di alloro.
Da oltre 1700 anni sul monte Athos i monaci ortodossi greci praticano la Preghiera del cuore così chiamata perché le parole vengono scandite in modo da ricalcare il naturale battito cardiaco (Thomas,1976).
Da un punto di vista costruzionistico-sociale l’incontro terapeutico si evolve in una co-costruzione di significati in un ambiente socio-culturale ben determinato (Liotti 2001).

 

MODELLI TEORICI
 
Immaginazione e Ipnosi
 
E’ bene operare una adeguata distinzione fra i due fenomeni. Spesso si può incorrere nell’errore di assimilare semplicisticamente la stessa autoipnosi all’immaginazione. L’essere umano possiede la naturale capacità di produrre le immagini mentali.con una spontanea predisposizione alla componente visiva o a quella uditiva.
Come ricorda Erickson l’osso del piede è unito all’osso della caviglia per cui la capacità di immaginare visivamente è connessa alla capacità di immaginare uditivamente.
Immaginare è un modo non mediato linguisticamente.di accedere a una attività creativa personale.
Immaginare non garantisce in assoluto la riuscita ipnotica, ma può agevolare considerevolmente il processo ipnotico nelle sue varie fasi.
Nei primi esperimenti sulla natura dell’ipnosi , Erickson scoprì che visualizzare e immaginare una semplice azione come prendere dei frutti, esaminarli attentamente e poi posarli, sfociava in trance profonde con allucinazioni (Erickson, 1980).
Shone (1982) descrive il caso di una persona che incontrava difficoltà nell’approfondimento della trance che risolse immaginando di leggere un romanzo in cui un ipnotizzatore ipnotizzava la protagonista.
Essere in grado di descrivere dettagliatamente e vividamente i contesti a cui naturalmente reagiamo permette di intensificare notevolmente le risposte. In base alla teoria ideomotoria dell’ipnosi il pensiero può tramutarsi in azione a seconda del livello di energia impiegato.

 

La Storia
 
Emile Coue, farmacista consegnava ai suoi clienti i farmaci accompagnati da una serie di suggestioni da recitarsi autonomamente. A un certo punto della sua carriera sposò un approccio in cui abbandonò definitivamente la trance per valorizzare esclusivamente l’autosuggestione.
Charles Baudouin (1921) arrivò a definire una teoria articolata dell’autoipnosi. Il suo intervento si basava essenzialmente nell’istruire minuziosamente il soggetto all’autoipnosi in modo da consentirgli di rendersi consapevole delle proprie autosuggestioni.
Aldous Huxley (Bandler, 1984) rappresenta un esempio di uno studioso geniale che ha sviluppato autonomamente una forma autoipnotica che ha chiamato Riflessione Profonda. Era in grado di entrare e uscire da stati di coscienza alterati con molta facilità mostrando una spiccata abilità nel sonnambulismo profondo. Aveva fatto diverse esperienze psichedeliche con la messalina. Huxley era molto interessato all’ipnosi e Erickson all’approccio di Huxley ai problemi psicologici e all’uso assai peculiare della sua mente inconscia. Da questo nel 1950 nacque una interessante collaborazione documentata in parte a causa di un incendio avvenuto nella casa di Huxley a Los Angeles dove bruciarono alcuni appunti di Erickson.
Erickson descrisse la riflessione profonda di Huxley come uno stato di profondo di rilassamento fisico caratterizzato da un profondo distacco dalle cose esterne, senza perdita della realtà fisica, né amnesia o perdita dell’orientamento. Huxley riferiva di riuscire a prendere appunti senza rendersi conto dell’atto fisico.

 

Umadze e la teoria dell’Aspettativa
 
Intorno agli anni 60 il ricercatore russo Umadze (1966) notò che l’aspettativa agiva inconsapevolmente in molti aspetti della vita di una persona fino a rappresentare un modello di funzionamento globale.
Identificò pertanto due livelli di vita mentale che hanno il controllo dei comportamenti e che agiscono fuori della coscienza. Nel primo livello il comportamento è completamente condizionato, mentre nel secondo chiamato dell’oggettificazione, la percezione è basata sull’aspettativa senza una reazione diretta. Pertanto la teoria di Umadze rappresenta un modello per capire tutta l’influenza che ha l’aspettativa nella dinamica dell’esperienza cosciente.

 

Milton Erickson e l’approccio naturalistico
 
Nel campo dell’ipnotismo Milton Erickson rappresenta l’esempio di uno studioso attento e curioso che è approdato a vaste e profonde conoscenze sull’argomento grazie a ampie esplorazioni su sé stesso.
Nel primo volume delle Opere, nello scritto ‘Esperienze autoipnotiche di Milton H.Erickson’ (Erickson,1980), l’Autore mostra come l’alleviamento del dolore mediante l’ipnosi consiste semplicemente nell’utilizzazione e nell’estensione di molte esperienze naturali tratte dalla vita quotidiana che condizionano l’esperienza soggettiva del dolore.
Erickson descrive dettagliatamente le proprie esperienze personali nell’alleviare il dolore.
Attingere al vasto deposito di apprendimento inconscio e renderlo disponibile diventa la base per poter procedere efficacemente con l’autoipnosi. Dopodiché occorre allenarsi a ottenere una trance frazionata con l’idea che il dolore rappresenta solo una parte dell’esperienza vivibile in ogni momento.
Durante gli ultimi dieci anni di vita soffrì di artrite cronica. Per alleviare il dolore durante il giorno era in grado di usare efficacemente l’autoipnosi, ma la notte si svegliava in preda al dolore più o meno ogni due ore. Gradualmente fu in grado di ristrutturare il dolore sperimentandolo inizialmente come un filo metallico incandescente posto sulla superfice della pelle e poi come un calore che si diffondeva in tutta la spalla. A questo punto fu in grado di utilizzare questa sensazione per scivolare nel sonno.
 
Come racconta la moglie Elisabeth non fu per niente facile realizzare questo processo di apprendimento:
 
‘L’inconscio può saperne di più della mente conscia e bisogna lasciare che elabori le sue nozioni senza interferenze, ma non sempre le cose filano lisce e può accadere che affronti le questioni in modo sbagliato. Alcune esperienze di Erickson sul controllo del dolore sono stata caratterizzate da tentativi e errori, con una buona dose di errori. Per esempio passava ore e ore spossanti a esaminare verbalmente le sensazioni, muscolo per muscolo, più e più volte, insistendo perché qualcuno (di solito io) non soltanto lo stesse ad ascoltare, ma gli dedicasse la più completa e concentrata attenzione, indipendentemente dall’ora tarda o dall’urgenza delle altre cose da fare. Lui non ha assolutamente alcun ricordo di queste sedute e io non riesco ancora a capirle. Penso che fossero vicoli ciechi, ma è probabile che abbiano comportato qualche apprendimento inconscio. Oppure no. Ne parlo perché penso che molti si scoraggiano quando l’inconscio si perde temporaneamente in un vicolo cieco.Il messaggio è: Tieni duro. Alla fine funzionerà’.
(Erickson, Opere Vol. 1, p.151)
 
L’Autore faceva spesso riferimento alla cosiddetta trance da autostrada come forma autoinduttiva spontanea non finalizzata.In terapia era convinto che il paziente instaura sempre quel livello di ipnosi che gli è necessario. Inoltre Erickson sottolineava che per poter essere utilizzata a fini terapeutici uno stato alterato deve poter essere mantenuto per un certo tempo. Anche per l’ambito autoipnotico, oltre che per quello eteroipnotico, l’indicazione di Erickson è orientato al pieno rispetto della libertà individuale e dell’inconscio. La coscienza non sa entrare in autoipnosi, ma può solo predisporre l’ambiente e rimanere nell’attesa che accada qualcosa. E aggiunge:
 
‘Chi è affetto da insonnia sta a letto e dice ‘Adesso devo addormentarmi – devo addormentarmi – devo riposare un po’- devo addormentarmi – devo addormentarmi – DEVO RIPOSARMI UN PO’ – HO BISOGNO DI UN PO’ DI RIPOSO!. E che succede? Rimane del tutto sveglio. Rimane del tutto sveglio perché sta dicendo continuamente a sé stesso che cosa deve fare.
(Erickson, 1983, p.220).
 
In più punti della sua opera ha sottolineato l’importanza di non essere coercitivi sugli apprendimenti da far realizzare all’inconscio. Se entriamo in trance per imparare l’aritmetica, finiremo per imparare la storia (Erickson, 1987). Anche la velocità di apprendimento non può essere predeterminata.
Nella sua pratica ipnotica Erickson usava preferibilmente suggestioni generali e aperte e amava interrompere il flusso di suggestioni con lunghe fasi di silenzio per assecondare i momenti di interiorità e generare più spazi creativi per il paziente. Era convinto della necessità di far fare qualcosa al paziente per assicurarsi di tenerlo attivo nella risoluzione del problema.
Spesso affermava ‘Né io né tu sappiamo cosa farà il tuo inconscio’ per suggerire la permanenza di uno stato alterato speciale di reattività terapeutica dopo la seduta.
Erickson usava frequentemente la suggestione postipnotica come indicazione per il lavoro autoipnotico successivo (Erickson, 1987).
Dopo la seduta lo stato autoipnotico viene innescato da suggestioni postipnotiche e diventa necessaria per la stabilizzazione delle cose apprese. A tal proposito diceva che la strada asfaltata deve indurirsi per sopportare il traffico pesante (Erickson, 1987). Sull’ampia libertà offerta dall’apprendimento dell’autoipnosi Erickson ha scritto:
 
Nell’autoipnosi potete entrare in trance in rapport solo con voi stessi oppure, se volete, potete andare in trance in rapport anche con X e con Y e con Z; potete anche fare in modo di essere in rapport con la persona che viene alla vostra porta e suona il campanello del tutto inaspettatamente – una persona che non ha nessun ruolo particolare nella vostra situazione totale di trance; potete andare in trance autoipnotica in rapport con il telefono così da creare una risposta adeguata a coprire tutte le possibili contingenze.
(Erickson, 1987, p.67)
 
L’Autore riteneva doveroso procedere a un addestramento strutturato in autoipnosi nei casi di fondata necessità come il dolore cronico o una pressione sanguigna gravemente anomala.
L’Autore ha spesso impiegato le abilità ipnotiche della moglie Elisabeth per fare ampie dimostrazioni pubbliche. La frequenza con cui fu impegnata permise alla signora Erickson di accedere rapidamente alle allucinazioni visive e uditive e di provocare anestesia in ogni parte del corpo.
Non aspettava più tutte le istruzioni del marito, ma riproduceva autonomamente il fenomeno ipnotico in questione. Aveva sviluppato una competenza autoipnotica molto ampia.
Progressivamente imparò che poteva parlare ad alta voce e descrivere minuziosamente i cambiamenti sensoriali senza interrompere il proprio processo ipnotico.
Poteva addirittura esaminare un problema personale senza rischiare di uscire dallo stato di trance in corso (Erickson, 1983).
Betty Alice Erickson, la figlia di Milton ha imparato a entrare in una trance sonnambulica assai rapidamente.
 
Nei casi difficili in cui il paziente mostrava una scarsa fiducia in sé stessa Milton Erickson faceva partecipare la figlia Alice per avviare il lavoro terapeutico. In un caso di una paziente oncologica che soffriva di nausea e vomito intensi, chiese ad Alice di entrare in trance davanti alla paziente e di fornirgli le suggestioni da adoperare. Dopo un po’ la figlia disse:
 
‘So rispondere. Ho fatto di me una malata. Prima ho provato nausea; poi ho sentito tutti i muscoli dello stomaco contratti come se stessi cominciando a vomitare, e quindi ho smesso. Ho prodotto un interruzione proprio qui.. Ho perduto tutte quelle sensazioni di nausea e ho smesso di contrarre i muscoli… Si produce una anestesia; si dirige la propria attenzione altrove, si cambia il modo di pensare.’
(M.H.ERICKSON, 1988,pag.65)

 

Richard Bandler, John Grinder e la Programmazione Neurolinguistica
 
Tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80 si sviluppa un modello integrato che studia la comunicazione umana denominato PNL.
Bandler insiste sull’importanza di essere clinici flessibili per agire efficacemente in base a quella che indica come la legge della varietà necessaria. Più varietà comportamentale possiede il terapeuta più sarà in grado di aiutare il paziente prima o poi a fargli operare determinanti cambiamenti (Dilts, 1980).
Nell’addestramento dei terapeuti gli Autori propongono lo sviluppo di una competenza raffinatissima nell’osservazione e nel ricalco.
Per osservare correttamente si richiede uno stato mentale non saturo di rappresentazioni mentali interne.
Se non si fa una buona osservazione non si può ricalcare efficacemente il comportamento del paziente.
Ricalcare ampliamente l’altro intensifica la sintonia interpersonale e presuppone la capacità di gestire la sperimentazione di stati mentali altrui.

 

Ernest Rossi e l’approccio ultradiano del sistema mente-corpo
 
Tra gli anni ’80 e gli anni ’90 Ernest Rossi ha sviluppato un ampia esplorazione sui ritmi ultradiani nell’essere umano al fine di individuare le fitte connessioni nel sistema mente-corpo.
Il corpo umano vive basandosi sul ritmo; battere le ciglia, respirare,deglutire rappresentano modi biologici fondamentali di essere.
Rossi (Rossi, 1993) ha potuto verificare che nell’arco della giornata in cicli di 90-120 minuti esistono momenti in cui attiviamo stati intermedi di consapevolezza tra la veglia e il sonno e in cui diventiamo straordinariamente introspettivi così che la finestra tra conscio e inconscio si dischiude.
Le persone usano automaticamente pause ultradiane che possono durare anche solo di 5 minuti per staccare dall’attività in corso e ristorarsi.
A tal proposito Rossi segnala tale fenomeno come risposta ultradiana di guarigione In genere non sappiamo essere completamente svegli e viviamo in una specie di zona d’ombra in cui gli occhi sono aperti e il cervello è in parte offuscato.
In questo quadro l’autoipnosi si configura come un evento fisiologico necessario. Secondo l’Autore Erickson era solito non a caso operare con sedute che duravano mediamente due ore.
Rossi propone un accesso creativo alla mente interna attraverso il dialogo mente-corpo in modo da includere risorse che in stato ordinario di veglia l’individuo non sa usare.

 

L’ Ipnosi Moderna
 
L’ipnosi moderna dell’ultimo decennio è rappresentata da diversi clinici come Jeffrey Zeig che si ispirano fondamentalmente al lavoro di Milton Erickson e che hanno sottolineato alcuni aspetti peculiari come l’evocazione e la compresenza.
L’intervento terapeutico si sostanzia attraverso piccole modifiche delle caratteristiche ipnotiche del soggetto che gli permettono di sperimentare il cambiamento della realtà problematica portandolo verso la scoperta delle proprie soluzioni.

 

L’autoipnosi del paziente
 
Il trattamento ipnotico deve il suo successo essenzialmente a quattro ingredienti fondamentali:
  • la modificazione dello stato di coscienza ordinario
  • lo stabilirsi di una relazione con caratteristiche peculiari
  • trasmissione di idee accettabili per il paziente
  • la modificazione della memoria procedurale
Nel processo autoipnotico svincolato dalla terapia viene a mancare tutta la ricchezza della situazione relazionale di cura e accudimento e l’intera dimensione dello scambio interpersonale.
Per questo diventa più produttivo inserire il lavoro autoipnotico in una relazione terapeutica in corso. In genere si può pervenire all’addestramento autoipnotico in una fase avanzata della terapia allorquando il paziente ha già mostrato la presenza di alcune capacità ipnotiche (capacità allucinatoria, capacità ideomotoria…).
Esiste però l’abitudine di molti ipnotisti ad avviare il paziente a un proprio lavoro autoipnotico già dalle primissime fasi della terapia.
In molte forme terapeutiche la prima dimensione a essere investita di esperienze trasformative è quella corporea. Secondo la Gestalt la consapevolezza corporea rappresenta la nostra esperienza primaria di essere-al-mondo. Il soggetto impara ad accedere e riconoscere progressivamente le proprie risposte interne e a usarle come sistema di segnalazione.
 
Wolberg definisce l’autoipnosi una vera e propria trance indotta dal paziente per effetto delle suggestioni postipnotiche dell’ipnotista.
 
L’autoipnosi può realizzarsi con livelli di profondità variabile tra il livello ipnoide e quello sonnambulico, ma nella maggior parte dei casi il grado di profondità è inferiore a quello raggiunto in eteroipnosi.
Esiste un limite di approfondimento non accessibile in quanto sostanzialmente non è possibile depotenziare deliberatamente e direttamente l’emisfero non dominante oltre un certo grado. A meno che l’autoipnosi non sia oggetto di una istruzione al comportamento postipnotico. L’approfondimento in autoipnosi è tecnicamente realizzabile attraverso la dissociazione.
A meno che non si prevedano istruzioni dettagliate per non accedere al sonno, è facile passare a uno stato naturale di sonno.
Oltretutto si può verificare una confusione di livelli tra chi guida il processo ipnotico e chi segue.
Di fatto la coscienza ha obiettive limitazioni ed è problematicamente posizionabile a un livello meta da cui deve guidare l’intero processo.
La riemersione in genere avviene spontaneamente senza istruzioni dettagliate in merito.
Accade spesso che una persona possa riproporsi spontaneamente porzioni del lavoro ipnotico avvenuto in seduta.
 
L’autoipnosi predisposta dal terapeuta in genere si colloca sulla linea della modificazione della dimensione del controllo. A tal proposito Weitzenhoffer (1957) suggerisce al paziente:
 
Quando lei sarà in stato ipnotico le cederò il controllo su se stesso, in modo da farle provare che lei riesce a controllare l’ipnosi dandosi le stesse suggestioni che le ho dato io.
 
Può accadere che un paziente entri in autoipnosi in modo resistente per sfuggire al lavoro terapeutico (Erickson, Rossi, 1985).Si può trattare di soggetti precatatonici o in genere molto diffidenti verso l’ipnosi.
Esiste un caso interessante in cui una donna chiese a Erickson di poter rimanere in macchina sotto la sua casa e poter svolgere autonomamente la terapia. Riteneva di avere un problema troppo terribile da raccontare.
Charles Citrenbaum (1987) nel suo lavoro con i disordini delle abitudini crede nell’uso regolare dell’autoipnosi per prevenire significativamente le ricadute. Harold Crasilneck (1975) consiglia di far praticare giornalmente l’autoipnosi ai propri pazienti e in particolare ai pazienti con disordine dell’abitudine.
Rossi (1993) sottolinea la necessità di percepire i segnali del primo stadio di stress ultradiano.
Tra questi ricorre il bisogno di sperimentare ricordi positivi del passato e di fare fantasie gradevoli e lievemente eccitanti come quelle sessuali.
Dal nostro punto di vista si può trattare di una attività autoipnotica spontanea.
Nell’ipnosi moderna la terapeuticità dell’esperienza autoipnotica smette di stare nella suggestione verbale e si concentra nell’esperienza interna e più specificatamente nell’apprendimento della fenomenologia interna.

 

L’autoipnosi del terapeuta
 
La mente del terapeuta è uno strumento di lavoro preziosissimo e pertanto va tenuta sempre in buona forma. Milton Erickson ha sempre sottolineato l’importanza di allenare la mente del terapeuta e a stimolarla creativamente. Nella formazione dei suoi studenti ha sempre posto ampio spazio all’uso del sé in questo senso. A tal proposito era solito dire ‘Perché fare le cose in un solo modo?
 
La responsività del terapeuta deve potersi improntare su una adeguata elasticità nel modo di prendere contatto con il proprio modo di conoscere e con il modo di conoscere del paziente. In relazione al primo contatto con il paziente, Erickson sottolinea:
 
Quando i pazienti entrano nel mio studio li accolgo a mente sgombra e li esamino per vedere chi e cosa sono, e perché sono venuti, senza dare nulla per scontato. Per esempio, guardo una paziente e noto che ha due occhi e che uno dei due non è di vetro; è ovvio, quindi che li usa entrambi. Le guardo le mani perché, sai , mi sono trovato di fronte una ragazza che teneva i guanti perché aveva un braccio di legno. Le guardo i piedi e vedo che ha due piedi e i tacchi piuttosto larghi. Cerco di vedere quanti seni ha, come muova i gomiti e il braccio. Poi ascolto la sua voce per capirne il tono – il tutto per accertarmi che si tratti di un essere femminile. Perché dovrei partire dal presupposto che lo sia solo perché ha un nome da donna?
(Haley, 1987, pag 79)
 
Lo stesso conoscere terapeutico rappresenta una dimensione ricca di molte funzioni. Diventa pertanto importante operare una modificazione di stati di coscienza in modo autoindotto per sviluppare la mente dell’ipnotista finalizzato all’affinamento delle funzioni terapeutiche:
  • per raffinare la capacità di osservazione dei segnali minimi
  • per preparare le induzioni e acuire le intuizioni nel corso del percorso terapeutico
  • per sviluppare un approfondimento diagnostico
  • per approntare un addestramento strutturato di autoipnosi per il paziente
Prima di sviluppare la consapevolezza dello stile personale con cui il terapeuta accede alla trance senza perdere terreno nel processo terapeutico della seduta, è ancora più utile prendere consapevolezza delle modalità di comunicazione interiore (Simpkins, 2000).
Può far parte attiva della formazione del terapeuta incrementare una ricca consapevolezza delle suggestioni spontanee personali e dei modelli di risposta individuali.
Ad esempio la percezione di alcuni odori determina automaticamente in ogni individuo stati di un certo tipo.
 
Per avviare e mantenere utilmente l’acutezza nell’osservare il paziente deve potersi attivare uno stato di concentrazione peculiare ed esclusiva sul paziente dato che il repertorio comportamentale del soggetto in ipnosi tende generalmente a ridursi. Per Erickson e Rossi (1979) devono potersi sviluppare nell’allievo in formazione quattro livelli di capacità osservative:
  • Relazioni di ruolo
  • Strutture di riferimento
  • Comportamenti di trance quotidiana
  • Risposte di attenzione
Nel primo livello si tratta di percepire la qualità di congruenza nella persona tra gli aspetti del comportamento verbale e non verbale in rapporto alla copertura di un ruolo.
Nel secondo livello si tratta di identificare le strutture di riferimento dominanti che guidano i comportamenti di una persona.
Nel terzo livello si tratta di decifrare i momenti e le modalità con cui una persona attiva una ricerca interna.
Nell’ultimo livello si tratta di percepire i momenti in cui la persona è in grado di offrire la migliore attenzione possibile.
 
Erickson propone l’uso della tecnica del mio amico John per autoaddestrarsi raffinatamente e facilmente alla distorsione temporale (Erickson, 1987). In ‘La ristrutturazione della vita con l’ipnosi’ (1987) Erickson asserisce:
 
‘In trance penso più velocemente e più chiaramente che nel comune stato di veglia’
(pag.55-56)
 
A tal proposito precisa la sua abitudine a riflettere sui casi in trattamento mediante l’uso della trance. Erickson consigliava l’uso di una stanza insonorizzata per addestrare l’allievo al riconoscimento di segnali non verbali. Un paziente in merito al modo di fare terapia di Erickson disse:
 
‘Mio fratello mi aveva scritto per chiedermi se il dottor Erickson mi aveva fatto entrare in trance. Gli ho risposto di no, ma poi gli ho anche detto: ‘La risposta è si e no. Ma se vuoi sapere la verità, il dottor Erickson entra lui stesso in trance e io con lui’
(Haley, 1987, pag.247)
 
Nel corso dell’esperienza clinica la mente del terapeuta è destinata a evolvere verso usi strategici sempre più complessi del proprio sé e dell’uso accorto delle mosse.
 
Dan Short (1999) sottolinea l’importanza per il terapeuta di coltivare una apertura mentale tale da non finalizzare l’intervento terapeutico a risultati predeterminati, ma di lasciare che il paziente scelga di percorrere di volta in volta le proprie strade per realizzare la propria crescita. L’assunto di base è che per ogni problema esiste più di una soluzione.
L’Autore sottolinea anche che non tutto può essere sotto il controllo del terapeuta e un buon servizio per l’ipnotista è rendere possibile al paziente l’accesso a un risultato significativo per questi.
 
Loriedo (2002) individua il colloquio responsivo come contesto ideale di scambio dove sviluppare al massimo grado la responsività del terapeuta aderente a quella del paziente.
 
La PNL ha sottolineato l’importanza di saper distinguere uno stato mentale da un altro sulla base dell’accesso ai diversi sistemi sensoriali (Dilts, 1980). Descrive, pertanto, lo stato up-time differenziandolo dallo stato down-time come uno stato di coscienza utile all’osservazione fine di segnali minimi.

 

TECNICHE AUTOIPNOTICHE
 
Le capacità ipnotiche possono raffinarsi grazie all’esercizio e padroneggiare una tecnica autoipnotica comporta un certo lavoro su di sé. Milton Erickson sottolinea che sono occorsi tre anni di esercizio assiduo alla moglie Elisabeth per diventare un esperto soggetto autoipnotico. Può entrare facilmente in trance sonnambulica e discutere su ciò che sente in quel momento senza perdere qualità ipnotica (Erickson, 1988). Crasilneck (1975) ha constatato nella sua pratica clinica che non esistono limiti di età per praticare l’autoipnosi.
Indubbiamente fare autoipnosi presuppone la presenza di un talento particolare. Sperimentare il proprio potere ipnotico può avere un effetto diretto sulla propria autostima.
In generale è utile distinguere la specificità di una tecnica dall’ispirarsi a un atteggiamento di fondo e i due aspetti devono poter coesistere e integrarsi in ogni pratica autoipnotica.
 
Alcuni Autori come Shone (1982) stimano che occorrono in media trenta minuti per accedere in un soddisfacente stato autoipnotico, ma sui tempi esiste una vasta variabilità soggettiva. E’ ragionevole aspettarsi che una procedura ripetuta più volte possa essere ripercorsa in tempi progressivamente sempre più rapidi fino a giungere a una completa automaticità.
 
Ogni soggetto può caratteristicamente autoindursi con un metodo che valorizzi le proprie qualità ipnotiche (capacità allucinatoria o idrodinamica).
Esistono procedure che valorizzano direttamente la sola immaginazione del soggetto e altre che utilizzano mezzi sussidiari. Di fatto l’uso di ogni tecnica sviluppa esplicitamente alcune abilità e implicitamente altre. E’ possibile dotare il soggetto della conoscenza di tecniche oppure assegnare testi di suggestioni scritti rigidi da ripetere. Ciò può determinare una diversità qualitativa di apprendimento. Tutte le tecniche utilizzano la respirazione come mezzo di base per far transitare il corpo verso il rilassamento in diversi gradi.
 
Si può insegnare a un paziente una procedura badando a mantenere un certo grado di aspecificità in modo da garantire lo sviluppo di una abilità autoipnotica. Sono state descritte anche tecniche che utilizzano procedure di tipo fisico. Kretschmer nel 1949 propone di adottare prolungatamente la posizione convergente degli occhi per ottenere uno stato ipnotico profondo. I cambiamenti fisiologici possono essere notevoli. Betty Alice Erickson, la figlia di Milton, è in grado di ottenere agevolmente la dilatazione pupillare anche differenziata dei due occhi (Erickson, 1988). Le procedure induttive ricalcano pienamente quelle in uso in eteroipnosi. Elenchiamo una serie di tecniche che utilizzano specifici sistemi sensoriali di riferimento soggettivi e le attitudini personali in generale.
Ogni tecnica utilizza caratteristicamente uno o più fenomeni ipnotici: dalla dissociazione alla distorsione temporale. Tutte le tecniche descritte possono essere opportunamente combinate nella pratica.

 

Natura e forma delle suggestioni autoipnotiche
 
Prima di definire le suggestione è prioritario definire l’atteggiamento di fondo che predispone il soggetto all’accoglimento e alla stimolazione di certe risposte.
L’atteggiamento generale con cui disporsi all’autoinduzione può essere produttivamente indiretto, anche se le suggestioni possono risultare generalmente dirette con una tendenza spiccata a forme linguistiche semplificate. La ridondanza può essere utilmente assai alta.
 
La suggestionabilità è principalmente una funzione del campo percettivo dell’individuo. La scelta di un atteggiamento indiretto facilita la convinzione e l’affidamento all’inconscio. Couè sosteneva che ogni suggestione è autosuggestione. Baudouin (1921) operava una distinzione tra suggestioni spontanee e indotte indicando nella prima una somiglianza con la reazione riflessa incondizionata.
Un effetto interferente può essere reso dall’abitudine di alcune persone di riprodurre automaticamente un dialogo interno tendenzialmente negativo sul proprio sé.
E’ consigliabile preferire suggestioni a finale aperto presupponendo che a un certo punto del percorso l’intero processo venga totalmente guidato dai bisogni inconsci (Simpkins 2002). Può risultare utile strutturare le suggestioni in forma di domanda.
 
Si può concludere che rimane sostanzialmente più importante il processo che il contenuto. Sul piano dell’ apprendimento è più interessante il viaggio che la destinazione.
Rossi (1993) scoraggia l’uso iperstrutturato delle suggestioni in quanto queste appartengono alla logica stretta della mente conscia e non permettono l’uso creativo del sé.

 

La Dissociazione
 
La dissociazione è definibile come un meccanismo di difesa in relazione a eventi psichici emotivamente rilevanti e minacciosi per l’integrità dell’io e determina una alterazione della coscienza come esperienza di disconnessione. Nell’impiego ipnotico può a ragione considerarsi una meta-strategia per l’induzione e per l’approfondimento e può esprimersi in più modalità. E’ possibile vedere sé stessi seduto su una sedia e impegnato in un rilassamento progressivo. Si può inserire nelle istruzioni il proprio nome (‘Ora John stai sprofondando…’) al quale siamo spontaneamente portati a reagire.
 
Erickson addestrava i suoi studenti facendo allucinare seduto su una sedia un uomo che chiamava Joe e sul quale faceva praticare la levitazione del braccio (Erickson, 1987).Una volta toccato il volto, Joe chiudeva lentamente gli occhi, faceva una profonda inspirazione e si addormentava profondamente. Con l’esercizio il rapporto con il proprio Joe si personalizzava e ogni praticante aggiungeva nuovi spunti nelle suggestioni.Tale tecnica sfrutta a pieno il potere ideodinamico allucinato.

 

L’Approfondimento
 
Si tratta di una fase peculiare di ogni trance ben riuscita. In genere si usano mezzi immaginari come scale o ascensori che rendono simbolicamente l’idea di andare in profondità.

 

Il Sogno come forma autoipnotica
 
Il sogno rappresenta un modo di indursi ipnoticamente in modo naturale. E’ stato verificato che durante il sonno REM l’afflusso di sangue al cervello aumenta e in generale l’attività elettrica cerebrale assomiglia a quella da svegli.
Zeig sostiene che il sogno rappresenta un meccanismo autocurativo automatico. Sul piano della fenomenologia ipnotica il sogno è connotato dalla presenza di una forte condensazione temporale.
Erickson ha usato in età molto giovane i sogni autoipnoticamente correggendo i compiti di aritmetica.
Nell’addestramento dei suoi allievi li aiutava a entrare in stati sonnambulici e amnestici durante il sonno notturno per svolgere qualche attività.(Erickson, 1983). Nella moderna psicoterapia l’orientamento generale è quello di restituire al sognatore il sogno in modi da rendere il soggetto un attivo rielaboratore.
Può costituire una parte del lavoro terapeutico quando è suggerito in forma di suggestione postipnotica a conclusione di una seduta.
Il sogno può essere opportunamente risognato e ricomposto più volte in seduta così che si rinforzi come modalità espressiva per sè. Il paziente ha la possibilità di esplorarsi con un movimento a spirale fino a raggiungere con i suoi tempi il nucleo centrale.
Talvolta può presentarsi spontaneamente durante la trance etero e autoindotta.

 

Il metodo del Colore
 
L’esperienza cromatica fa parte intrinseca dell’esistere umano. Nel Training Autogeno. si fa riferimento a un colore preferito. Alexander Simpkins (2000) consiglia di suggerirsi di vedere un colore, attendere la risposta e osservare come evolve all’interno della ricerca personale.

 

Il metodo dello Specchio
 
Lo specchio è da sempre un oggetto magico ed è descritto come uno strumento di trasformazione in molte fiabe. Nella pratica autoipnotica può essere utilizzata nella versione reale o allucinata. L’immagine specchiata si sé stessi può realizzarsi mediante altri mezzi come stagni o altre superfici e rimanda e suggerisce versioni modificate e modificabili di sé stessi.
E’ evidente il meccanismo dissociativo alla base di queste evocazioni. Nel suo lavoro clinico Erickson ha fatto sovente ricorso all’uso dello specchio reale per intervenire strategicamente sull’immagine corporea del paziente. Poteva servirsene in studio o suggerirlo come lavoro a casa.
Abozzi (1996) descrive un modo semplice per autoipnotizzarsi in cui il soggetto si posiziona davanti a uno specchio concentrandosi inizialmente sul proprio volto e poi fissando un punto tra le sopracciglia fino al sopravvenire di uno stato ipnotico.

 

Il Metodo della Levitazione
 
Si tratta chiaramente di una tecnica che usa abilmente la dissociazione mente-corpo e corpo-corpo. Freda Morris (1976) suggerisce di pensare al braccio fatto di leggerissima schiuma di polestirolo. Si possono visualizzare un insieme di palloncini pieni di un gas leggerissimo e legati al polso oppure pensare che il braccio sia un palloncino. In caso che non si generi una situazione adeguatamente reattiva si può fare come se. La levitazione può dunque essere reale o allucinata.

 

Il Metodo di Milton Erickson
 
Milton raccomandava un atteggiamento che potremo definire di Aspettativa aperta:
 
‘Bene, eccomi qui. Ho un ora a disposizione e mi domando quanto tempo passerà prima di sprofondare in una bella trance autoipnotica’
(Erickson, 1988)
 
Una delle situazioni più emblematicamente paradossali è quella dell’insonne che tenta di addormentarsi istruendosi a farlo. L’indicazione di Erickson era di prestarsi all’aspettativa in modo naturalistico per la realizzazione di qualsiasi fenomeno ipnotico:
 
‘Certamente avete spinto il freno quando avete viaggiato sul sedile posteriore di un automobile; certamente avete teso la bocca e la gola e le corde vocali sentendo un balbuziente che cercava di dire una parola; certamente avete spalancato la bocca tanto da farvi male quando avete cercato di dare da mangiare a quel bambino che non voleva aprire la bocca. Sapete tutte queste cose ; pertanto potete veramente aspettarvi di effettuare la scrittura automatica’.
(Erickson, 1987, pg 69)
 
Erickson ha anche più volte accennato alla facilitazione dell’accesso allo stato alterato attraverso il ricorso alla stessa poltrona. Bandler e Grinder (Dilts, 1980) hanno descritto ampiamente l’uso dell’autoancoraggio.

 

Il Metodo di Betty Erickson
 
E’ basato sul modello dei sistemi rappresentazionali di Bandler e Grinder (1980). Si procede all’approfondimento della trance attraverso uno schema che passa dalla descrizione dell’esperienza sensoriale esterna come una luce accesa fino a privilegiare esclusivamente l’esperienza interna.

 

Il Metodo di Gerald Edelstien
 
L’Autore consiglia sempre al paziente di impiegare un breve tempo a casa in stato di trance autoindotta con una semplice istruzione aperta in forma interrogativa del tipo: ‘Perché dovrei avere ancora questa sensazione?’ . Sostiene che una risposta ottenuta con l’autosuggestione conserva una durata significativamente più lunga (Edelstein, 1982).

 

Uso di Mezzi Sussidiari
 
Il nostro mondo fisico è ricco di elementi che hanno già di per sé un valore significativo nella determinazione degli stati di coscienza della vita di tutti i giorni. Il ticchettio dell’orologio rappresenta uno stimolo sonoro che stabilisce un ritmo. Allo scopo di generare o amplificare le risposte ipnotiche si può ricorrere all’ascolto di una musica opportunamente diffusa. Shone (1982) suggerisce la musica classica barocca e in particolare quella di Hendel a tempo largo.
Il meccanismo di funzionamento si basa su una sorta di condizionamento. Lo stimolo sonoro va progressivamente a sostituire quello verbale.
La musica rappresenta un insieme di stimoli altamente evocativi che attivano intensamente le nostre parti emotive.
Anche l’uso di voci e suoni preregistrati con istruzioni preordinate è molto diffuso. Il vantaggio evidente è quello di liberare la mente conscia dal compito di impartire istruzioni.
Nella prima fase induttiva si possono utilizzare oggetti su cui fissare l’attenzione come candele accese o dipinti. Milton Erickson usava abitualmente un cristallo al quarzo posto sulla sua scrivania.

 

La Riattivazione
 
Costituisce una fase determinante in autoipnosi da preparare opportunamente. Una volta raggiunto un grado soddisfacente di trance, occorre ripartire da questo per determinare il risveglio. Abozzi consiglia di usare un percorso a ritroso per riemergere dalla trance riutilizzando lo stesso mezzo usato per l’approfondimento come le scale o l’ascensore. Può diventare utile preprogrammare con precisione il momento del risveglio visualizzando un orologio.

 

CAMPI DI APPLICAZIONE
 
Le tecniche autoipnotiche si riferiscono generalmente a usi in campo medico e non medico e possono mirare alla autoguarigione, allo sviluppo di prestazioni particolari in molti campi, nello sport e nell’apprendimento in generale. In campo medico possono mirare ad attenuare in tempi rapidi l’ansia disfunzionale prodotta da soggetti ansiosi somatizzanti. L’addestramento all’autoipnosi può avvenire proficuamente in trance (Crasilneck,1975). Ci interessa approfondire le procedure utilizzate in alcuni settori specifici come la preparazione al parto e la dismissione di comportamenti dannosi come l’abitudine al fumo.

 

La dipendenza da nicotina
 
Fumare rappresenta un tipico comportamento strutturato in abitudine che assolve paradossalmente alla funzione di far rilassare. In realtà la nicotina è un eccitante del ritmo cardiaco e il soggetto fumatore quando riferisce di rilassarsi fa riferimento al bisogno di proporsi mentalmente una pausa mentale che potrebbe essere assimilato a un bisogno autoipnotico. E’ proprio nel tabagismo che l’autoipnosi trova un impiego assai esteso e importante. Si insegna al paziente a seguire le proprie istruzioni in forma di suggestione diretta:
 
Ora che sono in questo stato profondo ordino a me stesso di non fumare più..di non danneggiare più il mio corpo interferendo sulla funzionalità del cuore, dei polmoni, di non continuare a distruggerlo sistematicamente con questa abitudine non necessaria…Abbandonandola riacquisterò una respirazione normale.
(Crasilneck 1975)
 
In questo modo si consente al soggetto di acquisire un proprio senso di autocontrollo e si rimanda in secondo piano il controllo del terapeuta. Citrenbaum (1987) propone ai pazienti di dedicarsi costantemente all’autoipnosi chiarendo di non ricorrere a suggestioni negative, ma lasciando un libero e ampio spazio all’inconscio:
 
Il semplice atto di stare in trance darà alla sua mente inconscia l’opportunità di fare qualcosa di utile per lei. E’ importante sapere che la sua mente conscia può essere coinvolta in ogni tipo di attività. Può prestare attenzione a varie immagini, confuse o distinte, o può vagare da una fantasia a un’altra. Ma il fatto davvero interessante è che in realtà non importa cosa faccia la sua mente conscia perché il solo atto di lasciarsi andare in trance darà al suo inconscio l’opportunità di fare quel che è in grado di fare nel modo migliore. Alla fine di quei cinque o dieci minuti si troverà a emergere dalla trance e scommetto che si sentirà piuttosto rinfrescato e sereno.
CITRENBAUM, 1987, pag. 64
 
Lo stesso Autore (1987) istruisce i fumatori all’autoipnosi per ridurre i rischi di ricaduta.
 
All’inizio quando cercherà di consolidare i suoi cambiamenti comportamentali associati al dissuefarsi dal fumo, potrà esserci nella sua testa una voce che dice: ‘Non è la fine del mondo fumare quella sigaretta’, ‘Non ti farà male’, ecc. Fintanto che quella voce continuerà a parlarle lei sarà vulnerabile… L’autoipnosi è il mezzo adatto per rispondere a quella voce. Vorrei suggerirle che, come modo di metterla a tacere quando comincia a parlare e a dire: ‘Non è la fine del mondo’, lei lo sfruttasse come segnale per fare autoipnosi allo scopo di allungare sempre di più il periodo in cui non fuma.
 
(CITRENBAUM, 1987, pag.95)

 

La preparazione al Parto
 
Il parto per una donna rappresenta un evento della vita ricchissima di significati socioculturali di cui l’ipnotista deve tener conto nel momento in cui opera. Il lavoro preparatorio al parto deve necessariamente essere sufficientemente articolato per consentire un alto grado di efficacia. L’approccio diretto fondato semplicemente su ingiunzioni del tipo ‘Voglio che lei abbia un parto indolore’ non ha in genere buone speranze di successo. Con un approccio decisamente indiretto e frazionato Erickson predisponeva un ampio piano che mobilitava un vastissimo insieme di esperienze estesiche personali e agiva sulla modificazione discreta delle aspettative sul dolore evocando nella mente della donna l’idea della dilatazione esemplificandola con comportamenti spontanei e naturali.
 
Può sentire o non sentire l’anello al dito o le scarpe ai piedi.
E’ necessario soffrire nella peristalsi?
Aprire le dita delle mani fa male?
Come la prenderà quando aspettandosi di soffrire, non soffrirà?
(Erickson, 1988)
 
Nella preparazione al parto l’ipnotista deve accertarsi non solo che la donna abbia effettivamente appreso l’uso della tecnica, ma anche che condivida gli obiettivi del lavoro e si sinceri dell’applicazione di alcune precauzioni.
In ogni trattamento che abbia a che fare con il dolore, questo non può essere eliminato completamente.
 
Erickson (1982) riferisce di un caso in cui una donna desiderava sentire a pieno tutta l’esperienza della nascita senza essere distratta dal dolore. Voleva sentire piacevolmente le contrazioni dell’utero come se avesse inghiottito una ciliegia intera e la sentisse scivolare comodamente lungo l’esofago.
Pertanto Erickson indusse inizialmente una anestesia completa che poi trasformò nel tipo di analgesia richiesta dalla paziente. Dopo di chè addestrò la paziente a sviluppare una profonda trance postipnotica sonnambulica che si sarebbe attivata all’inizio del travaglio e che le avrebbe permesso di partecipare all’intero evento.
Ala fine del travaglio, una volta ritornata nella sua stanza, sarebbe caduta in un sonno profondo e riposante per circa due ore.
Dopo due anni, la donna tornò da Erickson in quanto aspettava il secondo bambino. In questo caso bastarono tre ore di trance profonda per ristabilire lo stesso apprendimento autoipnotico.

 

CONCLUSIONI
 
La questione autoipnosi può essere affrontato da più punti di vista. L’autoipnosi può essere vista essenzialmente come il prodotto di una precedente ipnosi e susseguente suggestione post-ipnotica e dunque non esistere come fenomeno autonomo. Viceversa si può essere convinti che l’ipnosi abbia luogo solo a patto che il soggetto si renda disponibile a produrre la propria autoipnosi e dunque è solo l’autoipnosi a esistere.
Ad ogni modo avvengono nella fenomenologia della coscienza una serie di eventi aspecifici, senza una intenzionalità esplicita finalizzata alla produzione di una trance che non sono facilmente collocabili e definibili.
 
La coscienza va incontro ordinariamente a un processo di discontinuità in cui diventa operante il meccanismo dissociativo. I cosiddetti sogni a occhi aperti non rispondono a una casualità rintracciabile nella mente conscia, ma a importanti bisogni del sistema mente-corpo.
Di fatto l’evento autoipnotico può avvenire all’interno o all’esterno di una cornice terapeutica.
La stessa relazione terapeutica non è altro che una fitta trama di stati di coscienza auto/etero indotti.
Ognuno può autonomamente misurarsi con un universo di risultati desiderati e desiderabili per sè, ma in assenza della supervisione di un ipnotista esperto può essere difficile porsi obiettivi adeguati e appropriati.
 
Crasilneck (1975) cita una serie di esempi in cui persone non educate al corretto uso dell’ipnosi possono fare richiesta di un training autoipnotico finalizzato al raggiungimento di obiettivi irrealistici e qualche volta non sani.
Un avvocato aveva fatto richiesta di imparare a dormire tre ore a notte, mentre uno studente mediocre voleva assicurarsi voti eccellenti.
In autoipnosi il saper fare è una dimensione intimamente legata alle potenzialità soggettive presenti e non alla fantasia di un fare straordinario.
 
Erickson (1987) ha sostenuto più volte il fenomeno dell’interferenza di obiettivi apprezzabili da parte della coscienza, ma in disaccordo con i bisogni dell’inconscio.In tal senso sottolineava che l’insistenza a interferire coscientemente con l’inconscio determina l’insorgenza di un problema.
Ne possiamo trarre che fare autoipnosi senza una consapevolezza di come dimensionarla correttamente può produrre danni.
Al contrario nell’ambito di una relazione terapeutica si può ragionevolmente concludere che a prescindere se sia fatto in modo deliberato o no si sviluppa sempre una qualche forma di autoipnosi nel soggetto in terapia anche non esplicitamente ipnotica. Del resto Lankton (1984) ha dimostrato che gli stati ipnotici sono presenti in molte forme terapeutiche e coinvolgono pazienti e terapeuti.
Oltre a ciò occorre distinguere gli eventi di autoipnosi spontanei da quelli strutturabili in un addestramento esplicito.
Impegnare già nelle prime fasi della terapia il paziente in un vero e proprio training autoipnotico significa operare strategicamente e apertamente sullo svincolo e l’autonomia del soggetto.
Per di più rinforza la convinzione di poter godere di un controllo su aspetti inattesi della propria vita.
 
L’autoipnosi suggerita e sostenuta continuatamene mobilita il soggetto verso una continua ricerca interiore e verso quella autoesplorazione cara a Milton Erickson. Grazie all’autoipnosi diventa possibile l’acquisizione di livelli elevati di abilità in una integrazione mente-corpo.
Naturalmente l’autoipnosi svincolata completamente da una relazione terapeutica non è assolutamente appropriata nel caso di problematiche psicologiche gravi. Wilbacher (comunicazione personale, 2002) consiglia l’uso dell’autoipnosi come forma di terapia di mantenimento durante e in seguito a una terapia ipnotica breve. Crasilneck (1975) suggerisce ai pazienti di attenersi nella propria pratica autoipnotica a insiemi di suggestioni legati strettamente al lavoro terapeutico in corso. Nella ipnosi moderna viene ampiamente valorizzata la responsività in luogo della suggestibilità in una visione evocativa dei fenomeni ipnotici (Ducci 2002). La pratica dell’ autoipnosi fondata sull’accrescimento della percezione di sé sembra porsi coerentemente in linea con ciò.
 
Non si può non concludere senza fare un doveroso accenno alla formazione professionale in ipnosi clinica e ai modi più opportuni per organizzarla intorno alla consapevolezza e allo sviluppo delle capacità autoipnotiche dell’allievo. Tutto il mondo formativo sta facendo un notevole sforzo per superare le limitatezze del pensiero orientato agli obiettivi e all’esclusiva attenzione alle tecniche (Short, 1999). Si vanno proponendo metodologie indirette come il metodo della narrazione, apprendere attraverso il raccontarsi, descrivere le proprie emozioni in rapporto alla relazione con l’altro (Kaneklin, 1998).
Nell’ambito formativo strettamente ipnotico da una indagine condotta da Wilbacher e Gandolfi (1998) risulta che un’alta percentuale di allievi ritarda o abbandona definitivamente l’uso professionale dell’ipnosi. Dopo una fase iniziale di apparente sicurezza nel corso della formazione, alla fine di questa l’allievo entra in una fase mentale di shock che può portare all’abbandono dell’ipnosi in quanto si ritrova da solo a gestire l’impatto emotivo del lavoro in trance. Il neo terapeuta prova disagio per le sue risposte corporee e emotive. L’atto di indurre la trance nel paziente produce simultaneamente uno stato autoipnotico nell’ipnotista. Diversamente dalle altre forme psicoterapeutiche dove l’apprendimento emozionale del sé avviene in modo graduale, in ipnosi l’impatto è immediato e inaspettato.
 
Nell’indagine emerge che gli allievi non riescono a fornire una risposta soddisfacente in merito all’abbandono dello strumento ipnotico in favore di altri approcci terapeutici, ma solo se l’allievo attiva uno scambio emozionale con il formatore riesce a entrare in una fase mentale di superamento che lo aiuta a neutralizzare lo shock e a far funzionare la mente sintonicamente e simultaneamente fra processi emotivi e razionali.

 

Ricerca di fonti bibliografiche
 
Per la ricerca bibliografica si è proceduto compiendo innanzitutto una ampia ricognizione dei riferimenti all’autoipnosi provenienti dai testi in lingua italiana sull’ipnosi di maggiore diffusione con particolare riferimento al lavoro di Milton Erickson. Non si è proceduto a una accurata ricerca di articoli tratti da Riviste del settore e pertanto ne segnaliamo pochi significativi. Si è constatato l’esistenza di una ristretta bibliografia di testi in lingua italiana dedicata espressamente all’autoipnosi.
 
La ricerca attraverso internet ha permesso di evidenziare una disponibilità di indicazioni applicative di tipo divulgativo e propagandistico poco approfondite sul piano teorico. Qui di seguito elenchiamo 50 titoli:
  • BANDLER R. GRINDER J., I modelli della tecnica ipnotica di Milton Erickson, Astrolabio 1984
  • BANDLER R. GRINDER J., Ipnosi e trasformazione, Astrolabio 1982
  • BAUDOUIN C., Suggestion and autosuggestion, Bodd Mead and Co. 1921
  • BUZAN T., Use your mind, Bbc Publication 1974
  • CHEEK D.B. LECRON L.M., Clinical Hypnotherapy, Grune and Stratton 1968
  • CITRENBAUM C.M.KING M.E. COHEN W.I., Il controllo delle abitudini mediante l’ipnosi, Astrolabio 1987
  • COPELAN R., Ipnosi e autoipnosi, Armena 1992
  • CRASILNECK H. B., HALL J.H., Ipnosi clinica, Astrolabio 1975
  • DILTS R. GRINDER J. BANDLER R. BANDLER L.C. DELOZIER J., Programmazione neurolinguistica, Astrolabio 1982
  • DUCCI G. CASILLI C., La supervisione nella nuova ipnosi, Angeli 2002
  • EDELSTIEN M.G., Trauma trance e trasformazione, Astrolabio 1982
  • ERICKSON M.H., Opere volume 1, Astrolabio
  • ERICKSON M.H., Opere volume II,Astrolabio
  • ERICKSON M.H., Guarire con l’ipnosi, Astrolabio 1983
  • ERICKSON M.H. ROSSI E.L., Ipnoterapia, Astrolabio 1982
  • ERICKSON M.H. ROSSI E.L., L’esperienza dell’ipnosi, Astrolabio 1985
  • ERICKSON M.H., La ristrutturazione della vita con l’ipnosi, Astrolabio 1987
  • ERICKSON M.H., La comunicazione mente-corpo in ipnosi, Astrolabio 1988
  • FROMM E., Similarities and differences between self-hypnosis and hetero-hypnosis, Discorso inaugurale, American Psychological Association 1973
  • FROMM E., An idiosyncronic long-term study self-hypnosis, Studio presentato alla Convenzione della American Psychological Association 1974
  • GALLWEY W. T., The inner game of tennis, Random House 1974
  • GALLWEY W.T., The inner game of golf, Jonathan Cape 1979
  • YOUNG P., Autoipnosi, RED 1991
  • HALEY J., Cambiare gli individui, Astrolabio 1987
  • HARRIGEL E., Lo Zen e il tiro con l’arco, Adelphi 1975
  • KANEKLIN C.,SCARATTI G., Formazione e Narrazione, Cortina 1998
  • KLINE M.V., GAZE H., Self-hypnosis in childbirth: a clinical evaluation of a patient conditioning program, J.Clin. Exp. Hypn., 3: 142-147, 1955
  • LANKTON S.R.,LANKTON C.H., La risposta dall’interno, Astrolabio 1984
  • LORIEDO C., Strategie e stratagemmi della psicoterapia, Angeli 2002
  • LIOTTI G., Le opere della coscienza, Cortina 2001
  • MALTZ M., Psicocibernetica, ASTROLABIO 1965
  • MORRIS F., Autoipnosi in due giorni , Astrolabio 1974
  • MUTIMER P., Lo zen e l’arte di giocare a tennis, Newton & Compton 1998
  • PADOVANI E., Manuale pratico di RAT, Edizioni RED 1988
  • ROSEN S., La mia voce ti accompagnerà, Astrolabio 1983
  • ROSSI E.L. NIMMONS D., Autoregolazione del sistema mente-corpo, Astrolabio 1993
  • SIMPKINS C.A.,SIMPKINS A., Autoipnosi Ericksoniana, Astrolabio 2002
SHONE R., La tecnica dell’autoipnosi, Astrolabio 1982
  • SHONE R., Visualizzazione creativa, Astrolabio 1984
  • SHOR R., Hypnosis and the concept of the generalized reality orientation, American Journal of Psychotherapy, 1959,13,582-602
  • SHORT D., Use-Oriented Thinking, Documento presentato al Settimo Congresso Internazionale sugli Approcci Ericksoniani all’Ipnosi e alla Psicoterapia, Phoenix 1999
  • SOSKIS D., Insegnare l’autoipnosi, Astrolabio 1987
  • TART C., Stati di coscienza, Astrolabio
  • THOMAS K., Autoipnosi e training autogeno, Edizioni Mediterranee 1976
  • UMADZE D.N., The psychology of set, Consultans Bureau 1966
  • WATZLAWICK P., La realtà inventata, Feltrinelli 1988
  • WEITZENHOFFER A.M., General techniques of hypnotism, Grune and Stratton,1957
  • WILBACHER R., GANDOLFI A., Effetti e cambiamenti sulla personalità del terapeuta durante il training di psicoterapia ipnotica, 3° Congresso Europeo di Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana, Venezia 1998
  • WOLBERG L.R., Medical Hypnosis, Grune and Stratton 1948

 

approfondimento su www.sublimen.com 

 

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