Acufeni e Sindrome di Ménière

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Acufene

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Per acufene (tinnitus in latino e inglese) si intende quel disturbo costituito da rumori che, sotto
diversa forma (fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi, pulsazioni ecc.) vengono percepiti in un
orecchio, in entrambi o, in generale, nella testa, e che possono risultare fastidiosi a tal punto da
influire sulla qualità della vita di chi ne soffre. Si originano all’interno dell’apparato uditivo
ma, alla loro prima comparsa vengono illusoriamente percepiti come suoni provenienti dall’ambiente
esterno.

È stato calcolato che nella popolazione priva di difetti uditivi un soggetto su dieci soffre o ha
sofferto di acufeni, mentre nella popolazione con ipoacusia, cioè con riduzione uditiva, la
percentuale sale a circa il 50%. Inoltre, più del 20% degli abitanti ha avuto esperienze non
traumatiche di acufeni che, per il 7% hanno richiesto l’assistenza del medico otorino, per il 5%
hanno provocato disabilità e per il 2% un grave handicap.

Classificazione
Varie sono le classificazioni degli acufeni proposte dagli studiosi nell’arco di mezzo secolo.

Alcuni distinguono gli acufeni in oggettivi e soggettivi.

Gli acufeni oggettivi sono molto rari e si presentano come suoni che si generano all’interno del
corpo umano, come ad esempio quelli originati da un flusso vascolare particolare o da contrazioni
muscolari. Con tecniche particolari, è possibile ascoltare dall’esterno il suono generato.
Gli acufeni soggettivi sono i più comuni e si individuano nei casi in cui il soggetto percepisce un
suono che non è ascoltabile dall’esterno e che può essere provocato da farmaci come l’aspirina
(acido acetilsalicilico), da alcuni antibiotici (aminoglicosidi), ma anche da alcool, caffeina e
antidepressivi. Le cause che determinano l’insorgere dell’acufene soggettivo sono spesso oscure.
Mentre non sorprende che un trauma diretto all’orecchio interno possa causare l’acufene, altre cause
apparenti (come ad esempio TMJ e disordini dentali) sono difficili da spiegare.
La ricerca recente ha proposto due categorie distinte di acufene soggettivo: l’acufene otico,
causato dai disordini dell’orecchio interno o del nervo acustico e l’acufene somatico, causato da
disordini che non riguardano l’orecchio o il nervo, pur trovandosi all’interno della testa o del
collo. Si ipotizza inoltre che l’acufene somatico possa essere dovuto a un “central crosstalk” con
il cervello, come se certi nervi del collo e della testa entrassero nel cervello vicino alla regione
coinvolta nell’udito.

La classificazione spesso proposta fra acufeni oggettivi e soggettivi in base alla possibilità di
oggettivare, cioè di registrare direttamente con strumenti biomedici, la presenza di acufeni non
appare sufficientemente realistica in quanto ad oggi non esiste ancora, tranne che in rarissimi
casi, tale possibilità. Con l’evoluzione delle moderne tecniche di registrazione delle emissioni
otoacustiche provenienti dalle cellule sensoriali della chiocciola, di quelle dei potenziali evocati
uditivi e delle tecniche di imaging funzionale e dinamico neuro-radiologico si pensa che fra non
molto sia possibile costituire le basi per una svolta anche in tale direzione.

Altri propongono, in quanto più rispondente alle differenti possibilità terapeutiche, la
suddivisione degli acufeni in audiogeni (o endogeni) e non audiogeni (o esogeni): infatti le moderne
tecniche di valutazione della funzionalità uditiva permettono di rilevare anche minime alterazioni
dell’apparato uditivo e di tracciare correlazioni attendibili con la presenza di acufeni.

Gli acufeni audiogeni sono quelli ad alta probabilità di insorgenza da un danno o una disfunzione
dell’apparato uditivo a livello della chiocciola o delle vie nervose uditive: in questi casi
l’orecchio registra e trasmette rumori provenienti patologicamente dal proprio interno.
Per acufeni non audiogeni, invece, si intendono quelli che originano in patologie e disfunzioni
situate al di fuori dell’apparato uditivo, in altri organi od apparati, come quello vascolare,
muscolare, articolatorio, che vengono solo percepiti dall’orecchio come può fare un semplice
microfono e quindi trasmessi al sistema nervoso.
In effetti anche alcuni acufeni provenienti dall’orecchio come quelli causati da presenza e
movimento di secrezioni catarrali fra tromba di Eustachio e cassa timpanica dovrebbero essere
considerati non audiogeni o esogeni in quanto la loro origine è al di fuori del complesso
chiocciola-vie nervose uditive.

Cause
L’origine esatta degli acufeni non è ancora ben determinata e probabilmente vi sono diversi
meccanismi che possono generare questo disturbo. Gli elenchi di cause tradizionalmente prese in
considerazione includono però spesso meccanismi che ben difficilmente possono davvero essere presi
in considerazione e che spesso sono solo in grado di aumentare la percezione di un acufene già
pre-esistente.

In senso generale possiamo affermare che un acufene può derivare da un danno permanente a carico
delle cellule ciliate cocleari, da un danno permanente a carico del nervo acustico o delle vie
nervose centrali. Questo ha determinato il diffondersi dell’opinione generale che non esistano
possibilità di cura poiché le cellule danneggiate non possono rigenerarsi.

Molto spesso però è la compressione e distorsione delle cellule ciliate a causa di un eccesso di
liquidi cocleari, così come avviene ad esempio nella malattia o sindrome di Meniere, a determinare
in modo meccanico la stimolazione di cellule sane. L’identificazione di questa situazione definita
idrope cocleare è molto importante ai fini della possibilità di cura.

Effetti
Ove non regrediscano entro i primi mesi dalla loro insorgenza, vi è un’alta probabilità che gli
acufeni, se non si curano con una terapia adeguata, persistano negli anni successivi, divenendo
cronici a tutti gli effetti. Questo disturbo, solo apparentemente banale, tende tuttavia a creare un
vero e proprio stato invalidante, coinvolgendo l’assetto psicologico ed emozionale del malato, la
sua vita di relazione, il ritmo sonno-veglia, le attitudini lavorative, il livello di attenzione e
concentrazione, inducendo o potenziando stati ansioso-depressivi, interferendo pertanto sulla
qualità della vita.

L’individuo affetto da acufene cronico può trovare temporaneo sollievo dall’arricchimento sonoro
ambientale, grazie al quale può distrarre il cervello dall’ascolto dell’acufene. Una combinazione di
arricchimento sonoro e blanda terapia psicologica nota come terapia TRT dall’inglese Tinnitus
Retraining Therapy (letteralmente terapia di riabilitazione dall’acufene) viene ampiamente praticata
e, anche se non cura realmente l’acufene, molte persone segnalano che, grazie alla TRT, l’acufene
diventa molto meno fastidioso e più facile da ignorare. La TRT richiede un periodo di 12-18 mesi per
il suo pieno svolgimento e l’arricchimento sonoro può essere effettuato con generatori sonori
ambientali, generatori sonori personali o con particolari apparecchi acustici in caso di perdita
dell’udito anche lieve.

Cure possibili
I numerosissimi soggetti colpiti da questo disturbo attendono da tempo che la scienza riesca a dare
loro nuove e concrete speranze e che la fatidica ed angosciante frase “mi dispiace non c’è niente da
fare, si rassegni a convivere con questo disturbo”, ancora troppo spesso pronunciata dallo
specialista alla fine della visita, venga superata da proposizioni terapeutiche efficaci. Oggi,
infatti, la comunità medico-scientifica è in grado di assumere di fronte al problema degli acufeni
un atteggiamento decisamente più costruttivo rispetto al passato.

Gli acufeni sono attualmente curabili nell’80% dei casi, anche se con molti limiti e difficoltà e
anche se disporre di cure non vuol dire poter garantire la guarigione definitiva.

Oggi le principali risorse per la cura dei sintomi dell’acufene sono rappresentate dalle tecniche
riabilitative, quali la Tinnitus Retraining Therapy – TRT, da trattamenti farmacologici mediante
neurofarmaci e da trattamenti che mirano alla risoluzione dell’idrope cocleare, efficaci ovviamente
solo quando questo sia il meccanismo all’origine dell’acufene, come è sospettabile in presenza di
fluttuazioni evidenti di intensità o addirittura fasi evidenti di remissione anche spontanee, il che
avviene in molti casi, permettendo di escludere a priori l’ipotesi di un danno permanente a carico
di cellule e nervi quale sorgente dell’acufene stesso.

Cure popolari
In terapia popolare e naturopatica si usa fitoterapici che aumentano la circolazione craniale come
la Pervinca o il Gingko e ogni tanto anche delle sostanze che diminuiscono la secrezione di muco
come Hydrastis e sostanze per la rigenerazione di mucosa come la Cimicifuga.

Novità scientifiche nel trattamento degli acufeni [modifica] Sono ormai disponibili nuove metodiche ed apparecchiature in grado di registrare l’attività
(emissioni otoacustiche) delle cellule uditive sensoriali contenute nell’Organo del Corti, frequente
sede di origine degli acufeni, e in grado di monitorare le modifiche temporali dell’attività di tali
cellule anche in seguito a trattamento specifico.

Le cellule sensoriali, chiamate ciliate in quanto dotate di delicatissime ed importantissime ciglia,
emettono segnali sonori che tendono ad alterarsi, attenuandosi o al contrario enfatizzandosi quando
non sono più in perfetto stato di salute. La registrazione della mappa sonora emessa dalle cellule
ciliate è oggi registrabile mediante sofisticate ma agevoli apparecchiature computerizzate e
costituisce pertanto il metodo più diretto di misura dello stato funzionale della parte più
vulnerabile dell’apparato uditivo, la coclea.

Attraverso tali tecniche, integrate con altre moderne metodiche di indagine audiologica, è oggi
possibile, per esempio, tentare l’individuazione di disordini delle sinapsi uditive, cioè delle
importanti stazioni di collegamento fra cellula acustica e nervo uditivo e indirizzare talvolta la
diagnosi e la terapia verso il cosiddetto acufene sinaptico cocleare. Tale moderno approccio è
seguìto nel programma di trattamento degli acufeni anche mediante specifico supporto farmacologico,
nei casi in cui vi sia una precisa indicazione.

È in atto anche un sostanziale miglioramento delle tecniche di trattamento riabilitativo
dell’acufene su base neuro-psicologica e comportamentale senza necessità di supporto farmacologico.
Tali progressi operativi sono legati sia alle attuali conoscenze sul coinvolgimento del sistema
nervoso centrale nei processi di mantenimento e nell’evoluzione degli acufeni anche quando l’origine
del disturbo è del tutto periferica, sia all’individuazione nel sistema limbico del centro
nevralgico che causa l’instaurarsi di complicanze neurovegetative, emozionali e comportamentali,
loro stesse concausa di stabilizzazione o aggravamento dell’acufene.

È pertanto possibile mettere a punto e personalizzare innovativi protocolli riabilitativi rivolti a
modificare attivamente la reazione del soggetto alla presenza di acufeni e a ridurre l’intensità del
disturbo, aumentandone la tollerabilità anche mediante l’ausilio di dispositivi acustici quali
micromiscelatori o sorgenti di suoni naturali. La TRT (Tinnitus Retraining Therapy) costituisce, se
condotta da personale riabilitativo specializzato ed integrata con altre terapie riabilitative, la
metodica base di tale intervento ed uno dei punti cruciali dei programmi di trattamento degli
acufeni, da cui può dipendere il successo dell’intero programma di cura.

Anche sul versante prettamente medico-farmacologico alcune recenti esperienze in campo
neurobiologico fanno ben sperare. Da un lato sono da sottolineare le ricerche sulle sostanze
neuromodulatrici e neurotrasmettitrici, cioè su quelle sostanze chimiche essenziali per la
trasmissione degli stimoli dalle cellule sensoriali alle fibre nervose o da un neurone all’altro.
Tali ricerche hanno permesso recentemente di individuare con una certa precisione quali siano le
sostanze coinvolte nell’attivazione della sensazione uditiva e quali siano le modificazioni a loro
carico in alcune patologie uditive.

È realisticamente ipotizzabile che alcuni tipi di acufene possano essere legati ad un’alterazione di
tali sostanze a livello delle sinapsi uditive e pertanto siano definibili come acufeni sinaptici
cocleari (vedi quanto già sopra riportato): in tali casi un trattamento farmacologico specifico può
essere preso in considerazione, anche se con la necessaria prudenza e cautela.

Oggi sono sempre più frequenti le segnalazioni scientifiche sui vistosi processi di deterioramento
ossidativo e di rapido invecchiamento delle cellule uditive, proprio in quanto sede di metabolismo
molto attivo e, parallelamente, sono già disponibili dati scientifici sul benefico effetto biologico
di sostegno esercitato sui tessuti uditivi danneggiati o disfunzionanti da particolari sostanze
antiossidanti ed anti radicali liberi. L’aspetto farmacologico viene adeguatamente preso in
considerazione nei protocolli medici specialistici ma il successo è sempre condizionato dal
raggiungimento dell’obiettivo riabilitativo.

Sindrome di Ménière
La sindrome di Ménière, descritta per la prima volta dal medico Prosper Ménière nel 1861, è una
sintomatologia causata da un aumento della pressione dei fluidi dell’orecchio interno (labirinto),
che provoca attacchi ricorrenti di sordità, tinnito (ronzii o fischi in una o ambedue le orecchie),
vertigini (gravi problemi di equilibrio), nausea, vomito, una sensazione di pressione aumentata
all’interno dell’orecchio. Inoltre è accompagnata da sudorazione e nistagmo (movimenti ritmici
orizzontali a scatti incontrollabili degli occhi). Questi sintomi si presentano come “crisi”
episodiche, che possono durare da 20 minuti a 24 ore e più, e possono peggiorare con il movimento
(tanto che durante queste crisi è consigliato il riposo assoluto in un luogo buio e silenzioso). La
sindorme è contratta solitamente da adulti con età maggiore ai quarantacinque anni.

La causa esatta della malattia non è conosciuta, ma si è certi di un aumento della pressione del
canale endolinfatico facente parte il sistema vestibolare dell’orecchio interno, che è responsabile
del senso di equilibrio. Può essere provocata da un’infezione dell’orecchio interno, da un trauma al
capo o da un’infezione delle vie respiratorie superiori e può inoltre comparire dopo l’uso
prolungato di aspirina. In alcuni pazienti il fumo, l’assunzione di alcoolici, il consumo eccessivo
di caffeina possono essere elementi scatenanti di una “crisi”.

La diagnosi è stabilita solitamente dai risultati clinici e dall’anamnesi. Tuttavia, un esame
neurologico dettagliato, un’audiometria e perfino un’esplorazione al capo con risonanza magnetica
(MRI) possono essere effettuati per escludere un tumore del nervo vestibolococleare che causerebbe
sintomi simili. Un altro sintomo è una forte diarrea seguita da nausea e vomito. Se le feci sono di
un colore tendente al verde oliva, è necessario consultare un colonproctologo.

Il trattamento più utilizzato si basa sulla diminuzione della pressione dell’orecchio interno. Gli
antistaminici quali la Difenidramina, gli steroidi ed il diuretici (clorotiazide, clortalidone,
inibitori dell’anidrasi carbonica) possono essere usati a questo fine. Inoltre, i sintomi possono
essere trattati con gli antiemetici (per alleviare nausea) o le benzodiazepine (per il controllo
diretto delle vertigini). Alcuni medici suggeriscono una dieta a basso tenore di sale.

Talvolta la malattia non può concludersi spontaneamente ed è necessario un intervento, il cui esito
è la fine della sintomatologia vertiginosa, ma provoca sordità. La malattia non va confusa con altre
patologie vertiginose, come la cupololitiasi, la quale, pur mostrando sintomi analoghi, ha una
eziopatogenesi del tutto diversa.

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