Accordi consonanti, il segreto è l’armonia delle frequenze

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Accordi consonanti, il segreto è l’armonia delle frequenze

13 novembre 2012

Una ricerca chiarisce la ragione per cui alcune combinazioni di note sono percepite da orecchie
occidentali come piacevoli, vale a dire consonanti: le frequenze che compongono l’accordo sono
armonicamente correlate. Cadrebbe così l’ipotesi dell’implicazione del fenomeno dei battimenti che produrrebbero invece una sensazione spiacevole, o dissonanza.

(red) lescienze.it

Perché alcune combinazioni di note appaiono piacevoli, mentre altre vengono percepite come
spiacevoli? La differenza tra consonanze e dissonanze per il nostro cervello è stata ora chiarita
grazie a uno studio su persone affette da un disturbo che rende incapaci di cogliere l’altezza dei suoni.

Secondo quanto riferiscono Marion Cousineau e colleghi del Dipartimento di psicologia
dell’Università di Montreal in Canada, sulla rivista Proceedings of the National Academy of
Sciences, alla base della piacevolezza o meno di un accordo vi sarebbe la percezione della sua armonicità.

Il problema della piacevolezza maggiore o minore di note prodotte simultaneamente è dibattuto fin
dall’antichità. Già i greci infatti cercarono una spiegazione, concludendo che l’armonia avesse
origine da precisi rapporti aritmetici tra le lunghezze delle corde che emettevano i singoli suoni accordati.

Studi molto recenti hanno invece indagato il fenomeno dal punto di vista della percezione, chiarendo
alcuni fenomeni basilari. Il primo è che consonanza e dissonanza sono influenzate anche dal contesto
uditivo e diventano particolarmente evidenti se l’accordo è ascoltato da solo invece che all’interno
di un pezzo musicale. Altre ricerche hanno invece indagato la questione nei bambini e in soggetti di
culture diverse, senza però chiarire in modo convincente se la consonanza sia un fenomeno innato o appreso culturalmente.

Secondo la teoria acustica, d’altra parte, i suoni prodotti dalla voce umana e dagli strumenti
musicali sono costituiti da frequenze discrete, dette armoniche, che tipicamente sono multipli
interi di una frequenza fondamentale. Durante la propagazione del suono, le armoniche sono combinate
in un singolo fronte d’onda, ma vengono parzialmente separate all’interno della coclea. Nel tragitto
verso il cervello, infatti, le diverse frequenze percorrono fibre nervose differenti.

Cousineau e colleghi hanno verificato due teorie sull’origine della consonanza e della dissonanza.
La prima afferma che un accordo dissonante è percepito come spiacevole poiché contiene componenti di
frequenza che interagiscono nell’orecchio per produrre un fenomeno acustico sgradevole noto come
battimento. La seconda prevede anche gli accordi consonanti siano percepiti come piacevoli, ma
perché viceversa contengono frequenze che sono armonicamente correlate, senza quindi riferimento al
fenomeno dei battimenti. In quest’ultimo caso, le diverse frequenze producono un insieme sonoro che somiglia allo spettro di una singola nota di minore altezza.

La verifica sperimentale di queste teorie è però piuttosto complessa. I ricercatori hanno quindi
arruolato 10 soggetti affetti da amusia, un disturbo neurologico congenito che porta a una
percezione anomala dell’altezza dei suoni, e ne hanno testato le preferenze per quanto riguarda
consonanza, battimenti e armonicità, confrontando poi le loro risposte con quelle di soggetti di controllo sani.

Secondo quanto è emerso, i soggetti amusici manifestano un’avversione normale per i toni che
producono battimenti ma non mostrano alcuna preferenza per la consonanza rispetto alla dissonanza.
Questo fa ipotizzare in primo luogo che non sono i battimenti a determinare la percezione di
dissonanza. Inoltre, a differenza dei controlli, i soggetti con amusia non preferiscono gli accordi
armonici rispetto a quelli non armonici, essendo addirittura incapaci di distinguere tra i due.

Combinando questi due risultati, si può dunque concludere, secondo gli autori, che è la percezione
dell’armonicità e non quella dei battimenti, a costituire la base per la percezione della consonanza e della dissonanza nei soggetti normali.

http://www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1207989109

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