La navigazione in incognito non nasconde le nostre attività a chi gestisce la rete con cui ci
connettiamo, come provider, aziende o scuole. Ma allora a cosa serve?
14 aprile 2025 – Simone Valtieri
Contrariamente a quanto si crede, la modalità privata non protegge da virus, malware o phishing, e
non impedisce ai siti di raccogliere dati se si è connessi con un account Google o Facebook.
Nella quotidiana lotta per difendere un po’ della nostra privacy online, la navigazione in incognito
del browser appare come una soluzione semplice e immediata. Basta un click e almeno in teoria
nessuno dovrebbe più poter vedere i siti che abbiamo visitato. Ma è davvero così? Non proprio.
È utile sapere che la navigazione in incognito non è effettivamente anonima: serve a non lasciare
tracce sul dispositivo che stiamo usando, questo sì, ma non può nascondere le nostre attività a chi
ci fornisce la connessione, ai siti web che visitiamo o ai motori di ricerca.
Cosa permette di fare la navigazione in incognito
Quando si attiva la modalità in incognito (su Chrome, Firefox, Safari o altri motori di ricerca), il
browser smette di salvare, oltre alla semplice cronologia, anche i cookie e le informazioni inserite
nei moduli. Le pagine che vengono visitate, dunque, non compariranno nei suggerimenti automatici, e
tutte le ricerche non resteranno memorizzate nel computer.
È ideale, per esempio, se si deve comprare un regalo a sorpresa e si condivide il PC con il diretto
interessato, oppure se si vuole accedere a un sito con un altro account senza fare logout dal
proprio (sebbene l’utilizzo più frequente di questa modalità avviene per altri due motivi: visitare
siti pornografici oppure coprire attività losche). Tuttavia, eventuali file scaricati o segnalibri
creati resteranno salvati normalmente.
E i siti web? Continuano a vedere l’indirizzo IP dell’utente in incognito, così come aziende, scuole
o provider di rete.
Cosa non permette di fare la navigazione in incognito?
Uno studio del 2018 dell’Università di Chicago ha dimostrato che oltre metà degli utenti credeva
erroneamente che in incognito la propria posizione venisse nascosta o che le ricerche non fossero
tracciate. In realtà, invece, loggandosi, le attività restano comunque collegate all’utente e chi
gestisce la rete come un amministratore scolastico o aziendale avrà sempre a disposizione
l’elenco dei siti visitati da un terminale.
Contrariamente a quanto si crede, inoltre, la modalità privata non protegge da virus, malware o
phishing, e non impedisce ai siti di raccogliere dati se si è connessi con un account Google o
Facebook. Non stiamo dunque parlando di una modalità “invisibile”, ma semplicemente di un modo per
non lasciare tracce solo ed esclusivamente sul dispositivo.
Cosa fare per ottenere una vera privacy online
Per una vera privacy online, servono strumenti più avanzati. Le VPN (Virtual Private Network), per
esempio, possono mascherare la posizione di un utente instradando il traffico attraverso un server
intermedio.
Oppure è possibile usare browser più sicuri come Tor, che rimbalza la connessione su nodi differenti
per rendere più difficile risalire all’identità di chi lo utilizza. Anche questi metodi, però, hanno
dei limiti e vanno usati con consapevolezza.
Nessuna tecnologia, da sola, garantisce l’anonimato assoluto, ma la buona notizia è che esistono
guide affidabili come quelle dell’associazione EFF (Electronic Frontier Foundation) o della
Polizia di Stato che spiegano come proteggere la propria vita digitale, perché una navigazione
sicura, in mare come su internet, inizia sempre da una buona preparazione.
www.blaseur.com/papers/www18privatebrowsing.pdf
www.poliziadistato.it/articolo/pdf/10309
da focus.it
Lascia un commento